Nuovi programmi di psicocinetica applicati al calcio
L’esigenza di rifarsi a
“schemi di gioco” è
tipico del calcio da
adulti, quando è
insufficiente ricorrere
al gioco di base per
poter ottenere risultati
sportivi…
Nel “calcio dei bambini”
non va ricercata la
meccanizzazione di gesti
o di spostamenti
ripetuti sul campo,
perché irrigidiscono il
comportamento, che
diviene sempre uguale in
situazioni analoghe. Sta
all’educatore aiutare e
mantenere vivo
l’interesse a
“conoscere”, ad iniziare
dall’età in cui la
persona è più
percettiva; la
fanciullezza.
Lavorare prima dei
dodici anni con
creatività e spirito
d’iniziativa, consente
un’ulteriore evoluzione
in età adulta, quando la
personalità è sorretta
da una propria
esperienza a da una
propria cultura. Quando
i bambini si comportano
in campo nello stesso
modo e con gli stessi
schemi degli adulti fa
molta tristezza,
evidenzia che non sono
più alimentati dalla
fantasia. La “noia da
sport” che coglie molti
giovani sottoposti a
lavori di tipo analitico
e basato soprattutto
sulla ripetizione del
gesto tecnico in modo
meccanico, è
probabilmente la causa
principale
dell’abbandono sportivo,
di molte valide
promesse, “bruciate” da
quegli adulti che non
riescono ad inibire il
desiderio di “ottenere
il risultato subito”.
L’istruttore-educatore
ha delle competenze
maggiori
dell’allenatore, perché
non si limita
all’intrattenimento
ludico, egli deve
aiutare il fanciullo a
raggiungere una
sicurezza di
comportamento attraverso
i suoi apprendimenti,
attraverso lo sviluppo
psicomotorio e l’aspetto
relazionale.
IL CALCIO: - E’ un gioco
collettivo in cui
l’esecuzione d’ogni
singolo gesto è vana se
non integrata in un
progetto comune.
Il bambino è il
protagonista del calcio
moderno, deve essere in
grado di saper leggere e
reagire molto
velocemente agli
innumerevoli stimoli, di
varia natura che si
presenteranno durante la
partita o semplicemente
durante l’attività
motoria in genere.
La reattività mentale da
sempre è la migliore
qualità dei grandi
campioni. Essi
naturalmente sono capaci
di risolvere rapidamente
e nel modo più consono e
adeguato, le situazioni
di gioco più complesse,
il patrimonio genetico è
sicuramente base
portante del livello
d’abilità espressa dal
fuoriclasse, allo stesso
tempo una preparazione
specifica riguardante le
“qualità mentali”,
risulta fondamentale per
loro come per i restanti
atleti.
La struttura del gioco
calcio impone al
giocatore sempre nuove
situazioni da analizzare
e risolvere. Per far
fronte a tali
problematiche l’atleta
deve dare una risposta
motoria, la più precisa
e consona possibile, che
deriva da una
velocissima elaborazione
mentale basata sulle
esperienze e sulle
abilità preacquisite.
Pertanto nella
preparazione
“dell’atleta calciatore”
moderno, bisogna
ritenere importanti alla
stessa maniera, sia le
esercitazioni così dette
“tradizionali” (date
dalla tecnica di base,
dalla preparazione
coordinativa e
condizionale, alle
strategie tattiche),
quanto a quella
preparazione “mentale”
che si propone di
sviluppare le capacità
d’adattamento e
trasformazione,
percezione visiva,
percezione dello spazio
e del tempo, capacità
d’analisi della
situazione e capacità di
concentrazione.
Ai giovani vanno date
nozioni tattiche
basilari, sia per quanto
riguarda il gioco
offensivo che quello
difensivo, è importante
che l’istruttore
pianifichi ed applichi
una didattica adatta
alle effettive capacità
del giovane e che
proceda gradatamente,
dall’assimilazione delle
forme più elementari a
quelle più complesse. E’
fondamentale ricordare
che IL GESTO TECNICO E’
IL PILASTRO PORTANTE di
qualsiasi azione
sviluppata dal giocatore
nel corso della gara,
occorre evidenziare che
sarebbe inutile e
controproducente
allenare il giovane
calciatore verso un
“pensiero tattico” prima
di aver acquisito la
padronanza tecnica
necessaria. L’obiettivo
dell’istruttore deve
essere quello di
maturare nel giovane sia
le capacità tecniche che
la tattica individuale,
sono particolarmente
efficaci le forme di
gioco e le situazioni a
piccoli gruppi su spazi
ridotti, che oltre a
migliorare la tecnica
applicata al gioco del
calcio, si abituano
rapidamente a passare
dalla situazione di
possesso palla a quella
di non possesso.
L’esperienza sul campo
dimostra che offrire un
obiettivo da raggiungere
esalta la motivazione e
l’impegno dei ragazzi.
Nasce perciò l’esigenza
di stimolare mentalmente
il ragazzo, con giochi
ed esercitazioni
che lo mettano in
condizioni di scegliere
tra più soluzioni, in
modo ragionato e
sufficientemente rapido.
Obbligare il giovane
atleta a risolvere un
problema (limitandogli i
riferimenti quali
l’aiuto verbale, o
l’azione predeterminata
e assegnando condizioni
fisse da dover
rispettare), fa sì che
si debba ragionare in
modo immediato, spesso
personalizzato, senza
disinteressarsi degli
altri elementi del
gruppo (aspetto sociale
e di cooperazione).
Le esercitazioni di
psicocinetica avviano i
giovani calciatori alla
conoscenza e alla
percezione del proprio
corpo, dello spazio, e
del tempo. Riguardo alle
proposte sul campo,
inizialmente si devono
determinare giochi a
confronto ed
applicazioni in modo che
l’attenzione sia portata
solo sul “fare in modo
semplice”, il programma
progredirà in modo
proporzionale in base
all’età dei bambini
considerando le loro
qualità d’apprendimento.
Il loro compito non
consiste nell’esecuzione
automatica, ma nella
comprensione e
nell’interpretazione,
tenendo sempre presente
l’obiettivo da
raggiungere.
L’importante nella buona
riuscita d’ogni attività
psicocinetica è il clima
che viene ad instaurarsi
fra l’allenatore e i
giocatori, l’istruttore
deve porsi in maniera
propositiva, richiamando
l’attenzione sui
particolari precisi e
mai numerosi. Non deve
essere lui a dare
soluzioni, ma deve
attendere e guidare i
propri giocatori ad
elaborare ipotesi di
soluzione al problema.
Lo scopo principale
della psicocinetica è
quello di contribuire a
formare un calciatore
che sappia osservare la
realtà non solo con gli
occhi ma anche con la
mente.
La psicocinetica in funzione alla percezione dello spazio.
Nel
calcio il “senso della
posizione”, corrisponde
alla capacità si
situarsi sul campo di
gioco in una posizione
utile, in rapporto alla
palla e agli altri
giocatori. Inoltre il
“giocare a testa alta”,
non risponde solamente
ad un fatto estetico, ma
si riferisce alla
capacità di saper
osservare sul campo le
variazioni del gioco.
Saper osservare bene
vuol dire scegliere
meglio, perché la
percezione dello spazio
è il miglior presupposto
per sviluppare
l’intelligenza di gioco.
Queste due qualità, che
alcuni definiscono
innate, sono educabili
perché si rifanno alle
capacità di percezione
motoria. La percezione
dello spazio è un
problema d’educazione
del senso “visivo” e
della sua indipendenza
dal controllo di palla.
Il gioco del calcio si
svolge su un campo di
dimensioni molto ampie,
gli elementi che entrano
in gioco sono: una
palla, dieci giocatori
con i quali collaborare
e undici atleti
avversari.
Si pone il problema di
ampliare il campo
visivo, attraverso
giochi e situazioni che:
- Offrano spunti visivi
tra loro vicini e
lontani, situabili anche
al limite della
visibilità;
- Favoriscano la
rotazione del capo, per
integrare più campi
visivi tra loro.
La conoscenza delle
dimensioni del campo di
gioco e degli elementi
in esso contenuti (le
porte, due metà campo,
due aree di gioco, il
calcio d’angolo…) non va
data per scontata e può
essere affrontata
attraverso una serie di
esercizi di esplorazione
dello spazio
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