Formazione TecnicaClaudio RASTELLI  | Fonte: Tesi Master Settore Tecnico
 

L’esonero come momento di crescita per l’Allenatore di Calcio

Claudio RASTELLI

 

Terza Parte

 

6. Come dovrebbe comportarsi un allenatore per analizzare le cause nel post - esonero

Un allenatore che è intervenuto come ospite al corso Master (Spalletti) ha detto di essere stato esonerato due volte in carriera e che si riteneva responsabile per entrambi gli esoneri.

Lui sosteneva che chi è esonerato deve sentirsi responsabile perché senz’altro avrà fatto degli errori.

Si tratta di una presa di posizione abbastanza discutibile, perché gli esoneri non sono tutti uguali, le cause possono essere come visto sia nell’analisi, sia nelle interviste, molto diverse e non sempre vanno ricercate in errori del tecnico.

 

Va anche detto, però, che il suo intervento può essere servito a far riflettere, perché molte volte noi allenatori tendiamo a dare responsabilità solo a terzi, a salvare il nostro lavoro e a non fare auto-analisi.

Forse Spalletti voleva spingere noi corsisti ad essere sempre molto critici nei confronti di quello che facciamo, a imparare a fare autocritica, se non pubblicamente (che può spesso rivelarsi un boomerang), almeno tra quattro mura.

 

La domanda che sarebbe opportuno porsi una volta esonerati è sempre la seguente: DA COSA E’ DIPESO IL MIO ESONERO? (cercando tra i vari tipi di esonero elencati nel capitolo 3 quello che più assomiglia al proprio).

 

- La squadra aveva un rendimento in linea con le aspettative societarie?

Se si ovviamente i problemi saranno stati altri.

Se no: perché questo è avvenuto? I giocatori non erano all’altezza della categoria? Come sono venuti i punti fatti? Come sono venuti i goal subiti? Ho fatto un’analisi costante di questi aspetti cercando di trovare il progetto tattico più adatto al materiale umano a disposizione?

La società e la piazza erano in grado di “pazientare” su un progetto tattico ben preciso?

O serviva più elasticità da parte mia? C’erano infortuni importanti che hanno influito notevolmente sul rendimento dell’ultimo periodo? Quegli infortuni da cosa sono dipesi?

 

- Lo staff tecnico era formato da uomini “miei” o da persone legate alla società?

Nel secondo caso le ho conosciute a dovere? Le ho coinvolte?

Ho dato loro le giuste gratificazioni professionali? Ho instaurato con loro un dialogo costruttivo?

 

- Che idea aveva lo spogliatoio di me? Ho letto abbastanza bene il linguaggio non verbale, alcune frasi colte ogni tanto, l’intervento di qualche “gregario”? Sentivo in pugno la situazione o c’erano silenzi troppo prolungati, facce assenti … O addirittura qualcuno che chiaramente era in polemica con me?

Avevo notato qualche giocatore sotto-rendimento senza motivo? Gli ho parlato a dovere?

 

- Ho ascoltato? Ho saputo ascoltare? (V. Tubi)

 

- Il mio linguaggio è stato comprensibile? La mia comunicazione ha trasmesso valori? (F. Accame)

 

- Il direttore sportivo mi sosteneva? Ho avuto dei diverbi con lui? C’era confronto tecnico?

 

- Il presidente parlava direttamente con me o usava il filtro del direttore sportivo? Quando parlava con me, come si rapportava? Che tipo di risposte gli ho dato? C’erano altri soci che potevano influire sulle scelte? Li ho trascurati o li ho coinvolti?

 

- Come veniva presentato dalla stampa il mio lavoro? Che rapporto avevo con i giornalisti?

Venivo invitato in trasmissioni televisive? Che clima si respirava?

Ho mantenuto sempre diplomazia nei rapporti con la stampa o alcune volte la situazione mi è sfuggita di mano? In Generale che comunicazione avevo con la stampa ? (F. Accame )

 

- Il rapporto coi tifosi era buono? Ho avuto battibecchi durante la gara? Fuori dal campo?

Se esisteva una tifoseria organizzata come mi considerava? E l’idea che aveva di me dipendeva da me oppure no?

 

- Ho sempre tenuto presente l’obiettivo societario? Non mi sono lasciato “accecare” dalla voglia di risultato?

Ho valorizzato come mi è stato chiesto il parco giocatori più giovane?

Come ho trattato i tesserati di proprietà? Ho adeguato il progetto tattico all’eventuale cambio di programmi-obiettivo?

 

- Ho avuto comportamenti sempre rispettosi dei tesserati e dei componenti della società? Ho avuto atteggiamenti limite che possano aver leso l’immagine mia o soprattutto della società?

 

7. Cosa può fare un Allenatore per prevenire

Prevenire è meglio che curare si dice spesso. Anche perché curare, nel caso dell’esonero, è praticamente impossibile. Anche il concetto di prevenzione, in realtà, andrebbe approfondito.

Perché di solito si prevengono le cose negative.

E allora: un esonero è davvero così negativo per un allenatore? Si è già detto che dal punto di vista economico non si tratta di un licenziamento e che quindi egli non subisce danni reali rispetto al contratto concordato. Certo, vi sono problemi di immagine, di carriera che potrebbe subire una frenata …

Vedremo in seguito che si tratta di una situazione anomala, ma non del tutto negativa.

Nessuno, però, inizia a lavorare sperando di essere esonerato.

Ognuno parte con delle idee e spera di poterle mettere in pratica, di vedere la squadra crescere, di fare risultato, di centrare gli obiettivi.

 

Cosa fare, dunque, per cercare che le situazioni viste in precedenza quali cause di un esonero possano non verificarsi?

a) CHIAREZZA OBIETTIVI INZIALI: l’allenatore non si deve mai stancare di andare a verificare a fondo che gli obiettivi dichiarati, sbandierati, sussurrati dalla società siano reali.

Molte volte le società dichiarano obiettivi di facciata, ma ai primi risultati negativi cedono o alle pressioni della piazza o a una loro scarsa predisposizione a convivere con momenti difficili.

 

b) SOLIDITA’ E COERENZA SOCIETARIA: è importante sapere dove si lavora e con chi.

Non tanto con che giocatori, ma con quali dirigenti.

Sapere come si sono comportati in passato, che media-esoneri esiste in quella società, che tipo di pressioni fornisce la piazza… sono tutte informazioni importanti all’inizio di un’avventura calcistica.

 

c) POSSIBILITA’ DI PORTARE UNO O PIU’ ELEMENTI DELLO STAFF TECNICO: non sempre e non a tutti i livelli l’allenatore può scegliere lo staff.

Questo può rivelarsi un problema, sia se si va a lavorare con staff DI SOCIETA’, cioè di fiducia della società, che magari si trovano da molti anni in loco, che pensano di essere quasi intoccabili, che hanno rapporti diretti e a volte non sani con i massimi dirigenti, sia se si incontrano CANI SCIOLTI, che però sono arrivisti di natura, non legano, tendono a parlare con tutti, troppo e a non tutelare il lavoro dell’allenatore.

 

d) CONOSCENZA PARCO GIOCATORI, POSSIBILITA’ DI PORTARNE ALCUNI.

Sarebbe importante sapere chi si va ad allenare. Questo non può capitare mai in toto, ma avere dei riferimenti, dei calciatori che si conoscono sul piano umano e possono rivelarsi preziosi in spogliatoio permette di prevenire molte situazioni.

Lo spogliatoio deve essere un luogo separato dall’allenatore, ma di fatto sempre sotto controllo.

 

e) RAPPORTI CON STAMPA E TV: l’allenatore dovrebbe curare costantemente questo tipo di rapporti, anche con proprie iniziative e non solo attraverso quelle ufficiali della società.

Essere “amici” di chi opera nell’informazione significa tenersi nella manica alcuni assi da poter giocarsi in situazioni limite e questo non è affatto poco.

 

f) RAPPORTI CON TIFOSERIA: è un aspetto più delicato, non tutti gli allenatori tendono a legare direttamente con il pubblico. Più che un legame diretto, fatto di chiacchierate, confronti o addirittura cene, sia importante il messaggio che viene mandato al pubblico, anche mezzo stampa, per “lavorarselo” e soprattutto per coinvolgerlo nel progetto e in quello che sta avvenendo.

Saper comunicare con efficacia permette ad un allenatore di far digerire meglio al pubblico sia le scelte che i risultati.

 

g) PROPRIA CAPACITA’ DI CALARSI NELLA REALTA’: la tengo per ultima ma in realtà è forse una delle doti principali dell’allenatore, che comprendono un po’ tutti i punti preventivi già elencati.

Certo, l’allenatore stesso può scegliere uno stile, più integralista (nel senso che può “fregarsene” della piazza e proporsi per come è) o più elastico.

L’importante è che conosca le conseguenze di entrambi gli approcci. Io credo che, al di la di un integralismo più o meno dichiarato sul piano tattico, che di fatto contraddistingue poi l’allenatore stesso, vi siano parecchie altre situazioni che riguardano la sua comunicazione, il suo rapporto con la società, lo staff e i giocatori che di fatto possono prevenirne un eventuale esonero e possono elevare il suo rendimento, o la sua resistenza nell’ambiente nei momenti delicati

 

8. L’esonero come “compagno di viaggio” nel percorso di un allenatore

Le statistiche si sono viste. In Italia, e vale anche per le categorie minori, circa metà squadre cambiano allenatore durante la stagione.

A fine anno, quindi ci sarà chi conferma il vecchio tecnico o chi cambia (50%). Un allenatore ha quindi la stessa possibilità di trovare squadra in estate (presso una di quelle realtà che cambiano tecnico a fine stagione), o di trovarla a stagione in corso (presso una società che decide di esonerare il tecnico).

 

Il rovescio della medaglia dice anche che riuscire a trovare squadra in estate è importante, ma che la metà di chi la trova poi si trova esonerato. E a volte iniziare significa lavorare pochi mesi, mentre subentrare significa lavorare molto di più.

C’ è anche una differenza di aspettative. All’inizio tutti hanno le aspettative maggiori e l’allenatore subisce molte più pressioni.

Chi entra dopo un esonero trova di solito un ambiente più disposto a pazientare. Gli esoneri, inoltre, permettono ad un numero elevato (il doppio) di allenatori di lavorare.

Se nessuna società esonerasse il tecnico, di fatto ci sarebbe la metà degli allenatori che non potrebbe trovare squadra. La maggior parte dei grandi allenatori ha comunque subito un esonero, e questo non ha impedito loro di crescere e di raggiungere livelli elevati.

 

Ciò significa che l’esonero, analizzato come abbiamo fatto in precedenza, capito, accettato, va visto un po’ come un compagno di viaggio per l’allenatore.

Un qualcosa se possibile da prevenire, ma non da esorcizzare. Anche perché, una volta esonerato, l’allenatore può fare quell’analisi della quale abbiamo parlato e cercare di crescere e migliorare a seconda di suoi eventuali errori.

Senza escludere l’importanza degli aggiornamenti, del seguire il lavoro di colleghi, di girare per campi, di crescere anche come preparazione. E solo un esonero può regalare questo tempo.

 

9. Da "dramma a "stimolo"

Concludendo, l’intento di questo lavoro era quello di dare una veste differente all’esonero, che rimane un evento traumatico nella vita professionale di un tecnico.

Vorrei che, approfondendo queste considerazioni, si arrivasse a capire che l’interruzione forzata del rapporto di lavoro con una società non va vissuta come un dramma, ma come uno stimolo, un modo per crescere, per analizzare i propri errori, per crearsi un vissuto capace di far affrontare in maniera più efficacie situazioni simili che dovessero presentarsi in futuro.

 

Un allenatore deve anche conoscersi e deve sapere quanto è in grado di reggere ad un esonero.

Chi è più delicato in tal senso, deve prevenire molto di più.

Deve scegliersi con più attenzione la società e le persone, cercando di lavorare in un ambiente più tranquillo, che magari conosce, in modo da limitare le possibilità di un esonero.

Chi invece è temprato, sa superare le difficoltà e vede davvero l’esonero come uno stimolo, può permettersi anche di rischiare qualcosa di più, probabilmente anche mettendosi nelle condizioni di ottenere risultati molto più importanti o di salare più velocemente le categorie, a vantaggio della propria carriera.

 

Appurato che:

- L’esonero non dipende solo da sé

- L’esonero è statisticamente probabile, e va quindi considerato tra i rischi possibili

- L’esonero permette ad altri colleghi di lavorare e viceversa

- L’esonero non mette a rischio il proprio guadagno economico

- L’esonero permette di avere tempo a disposizione per un’eventuale aggiornamento o l’approfondimento di alcune tematiche

- L’esonero consente di fare autocritica (mai pubblica) e può rivelarsi fondamentale nella maturazione e nella crescita di un tecnico

Si può tranquillamente affermare che essere esonerati non è un DRAMMA.

La capacità dell’allenatore di trasformare il non dramma in stimolo sarà poi probabilmente l’elemento che farà la differenza nella formazione del suo carattere, nel perfezionamento del suo modo di porsi, nella maturazione delle sue idee tecnico tattiche, nello sviluppo di quell’elasticità ambientale che nel calcio moderno è sempre più necessaria, in qualsiasi categoria.

 


 

Bibliografia

Tubi Vittorio (a cura di), La formazione psicologica dell’ allenatore di calcio, Società stampa sportiva, Roma ,2009

Felice Accame, Come dice il mister - Manuale per la comunicazione dell’allenatore di calcio, Edizioni Correre, Milano, 2007

Frederic Massara, L’esonero del mister: istruzioni per l’uso, Notiziario Settore tecnico n° 2 /2011

 


 

L’esonero come momento di crescita per l’Allenatore di Calcio:

Premessa

1. Cosa è un esonero

2. Un fenomeno diffuso: panoramica degli esoneri dell’ultima stagione sportiva

3. Perche’ una societa’ decide di esonerare

4) Analogie e differenze con il mondo del lavoro

5) Interviste ad Allenatori esonerati

6. Come dovrebbe comportarsi un allenatore per analizzare le cause nel post -  esonero

7. Cosa può fare un Allenatore per prevenire

8. L’esonero come “compagno di viaggio” nel percorso di un allenatore

9. Da "dramma a "stimolo"

 


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Autore: Claudio RASTELLI  | Fonte: Tesi Master Settore Tecnico
Data inserimento e aggiornamento nel sito: 06/11/2012 - 21/12/2016

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