La relazione allenatore - atleta nello sport giovanile

Stefano BEARZI

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Lo sviluppo dello sport nel mondo porta a dichiarare che esso riveste notevole influenza nello sviluppo del giovane e contribuisce a formare il fisico, la personalità e le abitudini sociali.

La pratica sportiva è un mezzo per sviluppare caratteristiche positive come la capacità di affrontare e superare difficoltà, la consapevolezza delle proprie possibilità, l'autonomia, la motivazione, il successo, la capacità di collaborare con gli altri.

Queste potenzialità dello sport che sono indubbie, non si realizzano però in modo automatico.

E cioè lo sport di per sé non determina e fa affiorare sempre questo complesso di influenze positive; al contrario può ingenerare altrettante influenze di tipo negativo qualora le figure adulte (genitori - tecnici - dirigenti) che organizzano e gestiscono lo sport giovanile non spingano verso una direzione positiva e rendano lo sport di fatto educativo. Per contro è bene dire che lo sport possiede una tale forza intrinseca educativa con una serie di regole, comportamenti, consuetudini, valori che a volte il giovane rimane miracolosamente immune da forzature ed aspetti diseducativi dell'ambiente in cui cresce.

 

Numerosi autori hanno evidenziato come l'esperienza sportiva dei giovani atleti sia influenzata fortemente dall'allenatore ed in particolare dal suo modo di porsi nei rapporti con i ragazzi (modalità di interazione).

Small e Smith (1988) ritengono che l'allenatore sia determinante per il livello di stress competitivo che i ragazzi possono vivere nell'attività agonistica. Nel concetto di stress è insita la datata diatriba tra agonismo e non agonismo.

Chi è favorevole allo sport competitivo afferma che le gare (o le partite) offrono l'occasione agli atleti di imparare a gestire situazioni stressanti; chi è contrario, ritiene che la competizione racchiuda in sé un fattore di stress eccessivo in grado di inibire desiderio e piacere e ridurre il divertimento.

Per Martens, Vealey e Burton, lo stress è definito come il processo che porta all'ansia di stato, la quale deriva dalla percezione dello squilibrio fra richieste dell'ambiente e capacità personali di risposta.

 

In pratica c'è un livello di ansia che può essere considerato fisiologico e anche utile per la prestazione, nel quale l'atleta percepisce lo squilibrio reale e non altera artificiosamente le differenze fra richieste dell'ambiente e capacità di risposta.

L'ansia di tratto è quell'ansia dove gli equilibri non vengono rispettati ed è provocata da livelli di stress eccessivi.

Con i giovani, in particolare con i bambini, l'allenatore influenza notevolmente il modo in cui viene percepito il livello di capacità personale come pure l'importanza del risultato, della gara, della partita.

E' l'allenatore infatti che esprime valutazioni sulle prestazioni, sui livelli e ritmi di apprendimento, sulla padronanza delle tecniche specifiche.

Assieme ai genitori, inoltre, è l'allenatore che, in prossimità di una competizione può caricare il ragazzo di aspettative, esagerando i toni sull'importanza della gara e del risultato. Questo atteggiamento viene amplificato ulteriormente nei soggetti ansiosi e con bassa autostima.

 

Il comportamento dell'allenatore è significativo anche per quanto riguarda le motivazioni alla partecipazione e l'abbandono.

Il suo atteggiamento è decisivo per mantenere vivo nei ragazzi l'entusiasmo verso la pratica e per favorire l'acquisizione e lo sviluppo di competenze e abilità.

Una ricerca su come i giovani atleti percepiscono i comportamenti del proprio allenatore prima e durante una competizione e come vorrebbero fosse l'allenatore ideale è stata effettuata nel 1995 su 332 soggetti nella fascia d'età 10 - 14 anni (Bortoli, Malignani, Robazza) praticanti sport individuali e di squadra.

Il questionario prevedeva una scala a 5 punti con le valutazioni da: no per niente a: sì, moltissimo.

Lo stesso questionario veniva riproposto anche per allenatore ritenuto ideale.

I risultati relativi al proprio allenatore hanno messo in evidenza che, in generale, gli atleti non erano del tutto soddisfatti del proprio allenatore, manifestando l'esigenza di modalità diverse d'interazione.

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In particolare per i ragazzi l'allenatore dovrebbe:

- arrabbiarsi e urlare di meno durante le gare

- dare importanza anche al divertimento e non solo al risultato o alla vittoria

- incoraggiare e sostenere l'atleta in caso di errore.

Ciò non significa che l'allenatore deve spersonalizzarsi, rinunciare al suo modo di essere, perdere l'entusiasmo di far ciò che fa, spesso in forma gratuita, ma deve solo padroneggiare meglio certe situazioni e quindi deve crescere non solo nella tecnica specifica ma anche da un punto di vista pedagogico e didattico proprio perché le sue competenze tecniche possano meglio attecchire qualora supportate da strategie di tipo motivazionale.

 

Un cenno a proposito del concetto di vittoria

Sulla vittoria Small e Smith hanno espresso la seguente filosofia:

- vincere non è tutto, è un obiettivo importante ma non è l'unico

- la sconfitta nella competizione non è un fallimento personale o una minaccia al proprio valore come persona

- vittoria e successo non sono sinonimi; anche una sconfitta può coincidere con un miglioramento della prestazione o con il raggiungimenti di un obiettivo stabilito.

- successo non è solo vincere ma soprattutto lottare per vincere.

Per l'importanza che gli aspetti motivazionali assumono nei giovani, gli allenatori dovrebbero conoscere le strategie per rendere la pratica sportiva un'esperienza gratificante ed eliminare o almeno ridurre le cause di abbandono precoce.

 

Alcune di queste strategie sono le seguenti:

- analisi del compito

- istruzioni pre-pratica

- modalità di presentazione delle proposte

- uso del feedback

- individualizzare le richieste

- stimolare la scoperta individuale di risoluzione del compito.

 

Bibliografia

- Vincenzo Prunelli, Psicologia per lo sport in 400 domande e risposte Calzetti Mariucci Linea Editore

- Movimento Anno 1995, Nr. 3

- Movimento Anno 1996, Nr. 1 e 2

- Movimento Anno 1997, Nr. 1 e 3. 

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Stefano BEARZI, Insegnante di educazione fisica, Allenatore

 


Data inserimento e aggiornamento nel sito: 23/05/2011 - 09/05/2017