Sono ormai molti anni che il problema del condizionamento fisico del calciatore viene dibattuto, a tutti
i livelli, in quasi tutti i Paesi del mondo. Tuttavia, ancora oggi, notevoli sono le divergenze di opinioni tra
gli addetti ai lavori, divergenze dovute essenzialmente alla particolare complessità della prestazione
calcistica, cui contribuiscono fattori diversi, tecnici, tattici, psichici e fisici, senza poter determinare in termini esatti
l’entità di incidenza di ciascun di essi. Dato che nel calcio non esistono nozioni certe e di validità assoluta,
è ovvio allora che si abbiano differenze sul modo di concepire l’allenamento, sulla sua strutturazione, sui suoi contenuti e metodi.
Per memoria storica va evidenziato che, in un passato più o meno recente, dalle nostre squadre di calcio sono stati applicati piani e
tabelle di allenamento degli sciatori, dei nuotatori, dei pesisti, oltre naturalmente a quelli degli atleti dell’atletica leggera, soprattutto
mezzo - fondisti, fondisti, velocisti , saltatori. C’è stata cioè una fase nella quale sono stati mutuati, senza alcuna riflessione
critica, metodi di allenamento degli sport individuali, con il risultato di un allenamento poco specifico perchè basato su un grande
volume di mezzi generali e troppo orientato allo sviluppo della o delle qualità fisiche che, di volta in volta, si ritenevano importanti
per il successo nel nostro sport. Simili metodi oggigiorno sono stati pressochè messi al bando e, sulla base di indagini e valutazioni sempre più accurate e sofisticate sul tipo e entità dello sforzo del calciatore in gara, l’allenamento
condizionale viene eseguito con forme e carichi di lavoro sicuramente più specifici sia dal punto di vista quantitativo che
qualitativo. Rimangono tuttavia divergenze ideologiche e, di conseguenza, anche di ordine pratico nella pianificazione dell’allenamento,
tra coloro che ritengono che i presupposti condizionali della prestazione calcistica (forza,velocità, resistenza), magari con
differenziazione di accenti( in quest’ultimi anni, per esempio, è di moda l’allenamento della forza), raggiungono il loro sviluppo ottimale solo se allenati separatamente dagli altri elementi che determinano
la prestazione globale del calciatore in gara e, quindi, con esercitazioni squisitamente di tipo atletico,senza o con scarsi
contenuti di ordine tecnico e tattico, e coloro( numericamente inferiori) che invece propendono per un’impostazione globale o unitaria
dell’allenamento, in cui le componenti condizionali vengono sviluppate in stretto legame con le varie azioni di gioco, individuali
e collettive, e quindi in reciproco rapporto con le componenti tecnico-tattiche. Dico subito, e questo non dovrebbe rappresentare una novità per
i lettori del Notiziario che hanno frequentato i Corsi Allenatori a Coverciano anche molti anni addietro o che hanno avuto la bontà
di leggere qualche mia pubblicazione, che personalmente faccio parte della schiera dei sostenitori di quest’ultima tesi.
La prestazione calcistica giova ripeterlo non può essere considerata il risultato di una semplice sommatoria di elementi
diversi(
tecnica,tattica,condizione fisica), ma di una interazione indiscriminata di essi. Per cui un’esigenza prioritaria del lavoro metodologico
in allenamento è proprio quella di garantire l’unità tra formazione tecnico-tattica e formazione
energetico - condizionale. Ciò richiede, ovviamente, che i fattori determinanti della prestazione vengano allenati prevalentemente in un rapporto tra loro inscindibile
e non separati l’uno dall’altro. Questa concezione e pratica dell’allenamento non vale tanto per
quegli sport nei quali dominano singoli fattori di prestazione come, ad esempio, alcune discipline dell’atletica leggera di resistenza
o di forza, ma soprattutto per quegli sport, come il calcio e i giochi sportivi in genere, nei quali abbiamo una struttura complessa
della prestazione, i cui fattori formano un insieme connesso inscindibile. Per tali sport,infatti, se si trascura il collegamento
tra allenamento tecnico-tattico e condizionale, può avvenire che, malgrado capacità
energetico - condizionali estremamente sviluppate e tecniche ben controllate dal punto di vista coordinativo, in gara le azioni di gioco risultino inefficaci e le prestazioni individuali
e dell’intera squadra insoddisfacenti. Durante la competizione calcistica, per esempio, non è tanto importante
che ogni singolo giocatore corra di più e più velocemente, quanto e soprattutto che corra meglio, non ovviamente nel
senso di una migliore impostazione stilistica del movimento della corsa, bensì di una corsa che, nelle sue diverse manifestazioni, sia
più adeguata allo svolgimento del gioco( cioè, ai movimenti del pallone, dei compagni, degli avversari e alla corretta esecuzione
dei gesti tecnici). Il calciatore, come si sa, non corre per correre o per tagliare primo un traguardo, ma per inserirsi meglio e con
maggiore efficacia nel gioco, in determinate fasi del gioco. Ribadendo un concetto già espresso in più di una occasione, occorre
sottolineare, ai fini della scelta e dell’utilizzo di forme di allenamento adeguate alle effettive esigenze di gara, che la corsa nel calcio
è un mezzo e deve servire ad un più efficace sviluppo del giuoco, cioè ad una migliore espressione della tecnica e della tattica.
Se si accetta il principio di una formazione unitaria delle capacità fisiche e delle abilità tecniche e tattiche, è chiaro che la maggior
parte della preparazione fisica del calciatore, specialmente se di alto livello e quindi dotato di notevole maestria sportiva, dovrebbe
essere effettuata con la palla, tramite cioè esercitazioni tecniche e tattiche in condizioni simili a quelle di gara e la disputa, ovviamente,
di partite a tutto campo o su spazi ridotti con prescrizioni particolari. Prioritaria,pertanto, dovrebbe essere l’utilizzazione
dei mezzi e dei metodi della preparazione fisica cosiddetta speciale, che, peraltro, presenta il vantaggio di non ridurre il tempo
dedicato alla tecnica e alla tattica che, nel calcio, rappresentano pur sempre i fattori principali del successo e di non avere
problemi di trasformazione del lavoro condizionale in impieghi utili della tecnica e della tattica stesse.
A quest’ultimo riguardo, per esempio, alcuni studi recenti hanno dimostrato che nel calcio, con atleti di alto livello, a differenza di
quanto avviene con i giovani o con atleti di bassa qualificazione, valori di lattato di 6-7
mmol/l ed oltre, purchè non ai limiti massimali
di acidosi metabolica, e frequenze cardiache di 170-180 pulsazioni al minuto non esercitano un’influenza negativa sulla precisione
e sulla velocità del gesto tecnico. Quindi non è impossibile unire efficacemente contenuti formativi condizionali e tecnico - tattici
anche in stato di affaticamento o sotto l’assillo degli avversari la cui azione di contrasto rende sicuramente più impegnativa l’esercitazione
sia dal punto di vista tecnico che fisico( studi di Marella hanno dimostrato che in gara le maggiori frequenze cardiache
si hanno proprio durante le azioni di contrasto) Queste considerazioni non vogliono tuttavia significare che in determinati
periodi del processo pluriennale dell’allenamento( in fase di apprendimento della tecnica o quando le abilità tecniche
non sono ancora sufficientemente consolidate) o dell’allenamento annuale( nella fase iniziale della preparazione precampionato)
lo sviluppo delle qualità fisiche non debba avvenire anche con mezzi generali, ma solo sostenere un’applicazione maggiore, fino
a diventare nettamente prevalenti con atleti evoluti, di forme di allenamento che, utilizzando azioni di gioco, stimolano i fattori
condizionali unitamente a quelli tecnico - tattici. Certamente, quando si utilizzano esercitazioni “a secco” basate,
per esempio, su un determinato numero di ripetizioni di una certa distanza in un determinato tempo e con un
determinato tempo di recupero, più facile e più precisa è la determinazione del loro carico di lavoro esterno. Più difficile e approssimativamente è farlo
con esercitazioni tecnico-tattiche o quando si giocano partite o partitelle di vario genere, nelle quali, per giunta, non tutti i partecipanti
effettuano lo stesso carico di lavoro. E questo è uno dei motivi per cui, solo però come attività complementare, non siamo
contrari in assoluto a esercitazioni squisitamente di tipo atletico senza l’utilizzo della palla.
Ma, se si accetta il principio di uno sviluppo unitario delle capacità fisiche e delle abilità tecnico-tattiche, allora se ne devono trarre delle
conseguenze anche per quanto riguarda la determinazione ed il controllo del carico di lavoro delle singole esercitazioni e dell’intera
seduta di allenamento, da effettuare non tramite i criteri del carico esterno ma di quello interno, cioè attraverso la rilevazione dei valori
di acido lattico nel sangue e soprattutto, perchè più facilmente ed
immediatamente realizzabili, di quelli della frequenza cardiaca. Questo
tipo di controllo, cioè degli effetti fisiologici degli esercizi, oltre a
permettere di adattare il carico di lavoro al livello funzionale
dell’organismo dell’atleta, è importante per conoscere più precisamente la
sua finalità metabolica così come risulta, per esempio, dalla tabella
sottostante in base ai valori della frequenza cardiaca: |